Margherita
Caminita é una delle molteplici vittime della privatizzazione della sanita',
della globalizzazione degli interessi negli ospedali, delle truffe delle amministrazioni
locali ed ospedaliere e della mancata tutela del cittadino da parte del potere politico e
giudiziario in Europa. Margherita Caminita, nata a Palermo nel 1926, si trova
attualmente "sequestrata" in Inghilterra, (Gran Bretagna) nelle mani della corrotta
Amministrazione Regionale di Bedfordshire che cerca in tutti i modi di impedirle di
testimoniare... per saperne di piú su come l'Italia ed il Governo italiano abbiano tradito
ed abbandonato Margherita Caminita e la sua famiglia VAI ALLA PAGINA
PRINCIPALE
Stai ascoltando la registrazione della recente
telefonata fatta da Lucilla Masucci per conto della Redazione di RAI Chi
l'ha visto? dalla quale si evince chiaramente che Margherita Caminita e' tenuta
isolata da chiunque possa aiutarla a riavere la sua vita. Ma non sono tardate le reazioni dei cosiddetti "poteri forti" che hanno
bloccato la messa in onda del servizio di Lucilla MasucciLEGGI i nuovi risvolti !
LA MESSA IN ONDA DI
QUESTO SERVIZIO E' STATA BLOCCATA DAI "POTERI FORTI". Se anche tu ti
senti leso/lesa nel tuo diritto all'informazione, ti invitiamo a firmare la ns.
petizione online per ristabilire l'originale orientamento editoriale del
programma televisivo di RAI 3 "Chi l'ha visto?" e per il reintegro nella sua
redazione di tutti coloro i quali hanno ideato il programma ed di esso fattone
la storia. Ci si riferisce a: l'ideatore ed autore Piero Murgia e gli inviati
Fiore De Rienzo, Filomena Rorro, Franco De Chiara, Raffaella Notariale, Enrico
Compagnoni, Rita Pedditzi, Beppe Bellecca, Ilaria Mura e Lucilla Masucci.
Il Rapporto segreto dei Tecnici della Banca
d'Italia
Articolo pubblicato il 03.08.2000
Eccola, la vera storia della nascita dell'impero Fininvest. riassunta in
un rapporto di 120 pagine firmato dai tecnici della Banca d'Italia. Un documento per molti
versi esplosivo, intitolato "Prima nota informativa sui flussi finanziari delle società
denominate Holding Italiana dalla prima alla ventiduesima", arrivato nelle mani dei
magistrati di Palermo nell'aprile del 1999. Ma che solo nella seconda metà del luglio di
quest'anno è stato depositato agli atti del processo per concorso esterno in associazione
mafiosa contro Marcello Dell'Utri. È la storia di un uomo riuscito, in quattro anni, a
creare un moloch multimediale: Silvio Berlusconi. Facendo lo slalom tra prestanome,
fiduciarie e tanti soldi in contanti. Con l'aggiunta di un tocco di genio della Popolare di
Lodi, che nel 1991 scheda le Holding del Cavaliere, ovvero le società che controllano la
Fininvest, alla voce «servizi di parrucchieri ed istituti di bellezza».
La relazione commissionata dai pm di Palermo nell'ambito di un'inchiesta per riciclaggio,
poi archiviata all'inizio di quest'anno, chiarisce molti interrogativi sull'origine delle
fortune del Cavaliere, ma lascia spazio ancora a tante domande. Misteri che Silvio
Berlusconi, lanciato verso la riconquista di Palazzo Chigi, avrà comunque modo di
sciogliere definitivamente in autunno. Perché già all'inizio del processo contro Dell'Utri
sia la difesa che l'accusa avevano chiesto la sua testimonianza.
Non aprite quella porta. L'inchiesta inizia con un colpo di scena nel giugno del 1998,
quando uomini della Direzione Investigativa Antimafia bussano alle porte della Lodi per
tentare di ricostruire i movimenti sui conti delle Holding. La Popolare di Lodi è
l'istituto che nel 1991 ha incorporato la Banca Rasini. Il crocevia dal quale sono passati
buona parte dei primi soldi del Cavaliere e dove suo padre Luigi è stato per vent'anni
l'uomo di fiducia della proprietà. Eppure, negli uffici della Lodi, quando gli ispettori
chiedono notizie delle Holding, si sentono rispondere: «Quelle società non figurano tra i
nostri clienti». Ma non è vero. Le Holding Italiana ci sono eccome. Solo che una mano
burlona le ha censite come saloni di bellezza. I dipendenti in pensione della Rasini
svelano agli investigatori che al quarto piano dell'agenzia milanese di Piazza dei Mercanti
c'è un archivio dimenticato: i microfilm dei conti delle Holding stanno lì. A settembre del
'98, gli investigatori si lamentano con l'ufficio legale della Lodi. E la banca fa marcia
indietro: «Scusate, c'è stato un errore, abbiamo cambiato i computer e fatto qualche
confusione nel censimento». I magistrati segnalano il comportamento della Popolare alla
Banca d'Italia.
Un SuperQuiz da 500 miliardi. Tra le pagine del rapporto si rincorrono miliardi a palate.
Denaro che cade a pioggia, a volte in contanti a volte con assegni circolari, per pompare
liquidità nelle casse del Biscione: almeno 200 miliardi transitati sui conti delle 22
Holding tra il 1977 e il 1985, seguendo giri tortuosi. Talmente tortuosi che di ben 114
miliardi (502 di oggi), i tecnici di Bankitalia non riescono a ricostruire l'esatta
provenienza. La maggioranza delle operazioni viene eseguita formalmente da due fiduciarie
della Bnl, la Saf e la Servizio Italia, che operano "franco valuta". Ovvero, lasciano che i
vari aumenti di capitale che la Fininvest nel corso degli anni ha eseguito attraverso le
Holding vengano portati a termine dai fiducianti (Berlusconi e famiglia), senza pretendere
copie dei bonifici e degli assegni. Una pratica che lascia «perplessi» anche gli ispettori
Bnl inviati nel 1994 a spulciare i conti delle fiduciarie.
Formidabili quegli anni. Ma anche se mancano molte pezze contabili, un fatto è certo. Dal
punto di vista finanziario, lo spartiacque tra il Berlusconi palazzinaro e il Berlusconi
tycoon televisivo cade il 6 aprile del 1977. Quel giorno, la Fininvest srl aumenta il
capitale da 2,5 a 10,5 miliardi. L'operazione, secondo gli esperti di Bankitalia, ha almeno
due aspetti misteriosi: gli otto miliardi dell'aumento (44 miliardi al valore odierno)
vengono versati in contanti e «al momento non si conosce la provenienza della somma». Il 2
dicembre, nelle casse della Fininvest srl arrivano altri 16,4 miliardi (90,8 di oggi) come
«finanziamento soci». E pure in questo caso la documentazione bancaria acquisita non
registra la provenienza dei fondi. Erano in contanti? E se invece erano assegni, da dove
arrivava la provvista?
Questo enorme sforzo finanziario accompagna l'esplosione pubblica di Berlusconi. Proprio
nel 1977, Silvio viene nominato cavaliere, compra un primo 12 per cento del "Giornale" di
Montanelli e comincia a credere davvero nelle tv. Il capitale di Telemilano, che per
quattro anni si era limitata a trasmettere via cavo a Milano 2, sale a mezzo miliardo. E a
fine anno, Silvio arriva settimo nella classifica dei contribuenti milanesi, con 304
milioni di reddito.
Il miracolo di Sant'Ambrogio. Ma l'operazione che meglio riassume la raffinatezza
finanziaria del cavaliere va in scena il 7 dicembre del 1978, festa di Sant'Ambrogio, quasi
in contemporanea con il "Simon Boccanegra" diretto da Claudio Abbado che quell'anno apre la
stagione della Scala. Mentre dal loggione piovono gli applausi per la regia di Strehler,
sui conti delle Holding e delle fiduciarie del cavaliere nella filiale di Segrate della
Popolare di Abbiategrasso sembrano piovere dal nulla 17,98 miliardi (88 di oggi). Il denaro
si attorciglia lungo otto giroconti (vedi illustrazione a pag. 47). Ufficialmente, il
valzer parte da Fininvest Srl e finisce nelle casse di Fininvest Roma, una scatola vuota
amministrata da Umberto Previti, il padre di Cesare. Il malloppo corre all'impazzata
entrando e uscendo dai conti Saf, dopo un giro contabile tra Silvio e lo zio Luigi Foscale.
E già che c'è, passa pure tra le Holding 1-19 all'apparente scopo di finire nella
controllata Fininvest Roma srl.
Gli esperti di Bankitalia non sono riusciti a trovare il primo e l'ultimo anello della
catena. Nel rapporto, le caselle "primo ordinante" e "ultimo beneficiario" vengono riempite
con «XXXXXX soggetto da identificare». Come non bastasse, unico caso tra la documentazione
esaminata, parte dei microfilm delle operazioni di dicembre vanno in fumo. Nella relazione
si legge a pagina 16: «La banca dichiara di aver disponibili gli estratti conto delle
Holding per il dicembre 1978 limitatamente a talune Holding, infatti per 13 di esse la
pellicola microfilmata risulta essersi bruciata».
L'intera operazione ha due effetti importanti. Capitalizza le Holding che, con le banche,
possono garantire la solidità di Fininvest e chiarire che il vero proprietario è Silvio
Berlusconi, sia pure al riparo delle fiduciarie. Ma agli occhi indiscreti, ergono una vera
e propria barriera di riservatezza. Il tutto, proprio nel momento in cui l'impegno nel
settore televisivo aumenta di peso con l'inizio delle trasmissioni di Telemilano 58, la
"mamma" di Canale 5. Anche se quel 1978 era iniziato all'insegna della segretezza, con
l'iscrizione del Cavaliere alla Loggia P2 di Licio Gelli.
la Palina impazzita. Per far crescere le tv private servono sempre più capitali, difficili
da reperire in un periodo di crisi immobiliare. Negli ultimi due mesi del '79, Silvio
Berlusconi sembra però trovare la soluzione. Il 19 ottobre, tramite dei prestanome, Sua
Emittenza fonda una srl di nome Palina. È una società che assomiglia a una siringa monouso:
vivrà solo sette mesi, concludendo un'unica operazione. Il 14 dicembre del '79, la Palina
fa girare sul proprio conto corrente, aperto nella sede milanese della Popolare di
Abbiategrasso, la bellezza di 27,68 miliardi (117 di oggi). Si comincia con Palina che
bonifica la somma alla Saf che, a sua volta, gira i 27 miliardi e rotti alle Holding
Italiana 1-5 e 18-23. Scrivono gli esperti di Bankitalia: «L'accredito Palina veniva
specificatamente autorizzato dal fiduciante Silvio Berlusconi, probabilmente in
considerazione dell'atipicità dell'operazione». Fatto sta che le Holding a loro volta
accreditano immediatamente la somma sui conti della Fininvest, che la storna a Milano 3 srl
(altra società del gruppo). Quest'ultima, a sorpresa, restituisce il tutto a Palina.
L'operazione viene giudicata «priva di qualsiasi giustificazione contabile e
amministrativa». Ci sono dunque 27, 68 miliardi senza un padrone? O forse la mitica Palina
quei soldi non li ha mai visti?
Amilcare Ardigò, il commercialista presso la quale era domiciliata la Palina, dichiara alla
Dia: «Non ho mai avuto notizia del transito di quei soldi». E spiega come la Palina non
abbia mai avuto un solo documento contabile. Del resto, ad amministrarla era un
settantacinquenne colpito da ictus, tale Enrico Porrà, che proprio Ardigò accompagnava in
carrozzella alle assemblee. Per questo, ora il professionista si sorprende di fronte a quei
27 miliardi : «Non ho mai accompagnato in banca Porrà, un prestanome di Berlusconi, per il
perfezionamento di operazioni relative a quella società».
Passano dieci giorni e tra il 24 e il 31 dicembre dello stesso anno la Fininvest riceve
altri 25 miliardi dalle Holding. Anche qui i funzionari di Banca D'Italia tentano di
ricostruire l'origine della maxiprovvista, ma trovano traccia solo di un versamento da 4,3
miliardi effettuato da Berlusconi in persona. E gli altri venti? Un regalo natalizio a
chiudere un '79 da incorniciare? Nell'aprile di quell'anno, Berlusconi inizia a costruire
Milano 3, e a settembre eccolo che crea con 4 miliardi la Cofint, compagnia finanziaria
televisiva. Il 3 ottobre nasce una delle sue figliole predilette, la concessionaria
Publitalia 80, con una dote di 3 miliardi. Passano pochi giorni e il mitico Mike Bongiorno
presenta "I sogni nel cassetto" dagli studi di Canale 5.
Le banche ai piedi di Re Silvio. La girandola dei miliardi "franco valuta" continua nei
primi anni Ottanta, anche se il più è fatto. Tra il marzo del 1981 e il maggio del 1984, le
varie Holding ricevono oltre 12 miliardi, tutti rigorosamente di provenienza ignota. È vero
però che il boom televisivo di Berlusconi è sotto gli occhi di tutti, tanto che a luglio
del 1980 il cavaliere dichiara di aver investito già 40 miliardi nel nuovo business
mediatico. Sono gli anni ruggenti dell'amico Bettino Craxi, che dall'agosto del 1983
diventa primo ministro e guida la nazione con piglio deciso. Come d'incanto, le pricipali
banche italiane fanno la fila per prestare soldi all'amico di Bettino. Dalla Centrale
Rischi di Banca d'Italia, si vede che fino al 1984 il gruppo Fininvest lavorava con la
Popolare di Novara, la Bnl e il Monte dei Paschi di Siena. Ma dal 1985 al 1987, Berlusconi
ottiene decine di miliardi anche da Cariplo, Comit, Banca di Roma e Credito Italiano. Nulla
di sorprendente: la Fininvest è ormai un colosso. Quello che stupisce è invece il duro
giudizio espresso da alcuni uffici fidi. Sintomatico il caso di Efibanca, la banca d'affari
del gruppo Bnl, che tra il 1982 e il 1993 presta alle società di Berlusconi ben 295
miliardi. Nel rapporto dei funzionari di Banca d'Italia, si assegna grande rilevanza al
primo finanziamento da 10 miliardi concesso nel 1982 alla Cofint. Il giudizio iniziale
dell'ufficio fidi di Efibanca parla «di situazione consolidata alquanto provata», che al 31
dicembre 1980 «evidenzia mezzi propri per circa 16 miliardi, contro debiti per 31». Ma a
giugno, i 10 miliardi vengono puntualmente concessi. Tre anni dopo, in una relazione
preparata in occasione della modifica delle garanzie offerte al primo finanziamento Cofint,
i responsabili dell'ufficio fidi di Efibanca parlano di «struttura patrimoniale indebolita»
e notano come a fronte di debiti certificati da Arthur Andersen nel 1983 pari a 840
miliardi, vi siano «solo notizie di stampa secondo cui il fatturato del gruppo oscillerebbe
tra i 1.000 e 1.200 miliardi, senza nessun riferimento al risultato reddituale conseguito».
Con una relazione di questo tono, la bocciatura dei nuovi finanziamenti sembra scontata. E
invece, in margine al documento, la Dia troverà «un appunto con sigla non appurata:
"relazione non esatta nella sua impostazione"».
MA QUANTI PREVITI. A Efibanca, insomma, Berlusconi ha più di un santo in paradiso. Tra i
consulenti dell'istituto figurano pure l'avvocato Cesare Previti e la società Sirea
(Società italiana revisione aziendale) amministrata, tra gli altri, dall'ingegner Giuseppe
Previti. Cesare e Giuseppe sono figli del commercialista Umberto, amministratore unico
della Fininvest sin dalla fondazione. Ma non basta. Efibanca rinuncia ben presto a chiedere
ipoteche per i finanziamenti al gruppo Fininvest. Scelte sulle quali il collegio sindacale
dell'istituto avrebbe potuto anche sollevare qualche dubbio. E invece va tutto bene. Del
resto, anche tra i sindaci non mancavano i doppi incarichi. Antonio Berton, sindaco dal
1984 al 1994 di Bnl holding, nello stess o periodo era anche titolare della Fiduciaria
Padana, un altro schermo societario utilizzato dal cavaliere per i suoi misteriosi aumenti
di capitale. Sempre Berton viene nominato liquidatore della berlusconiana Cofint.
Nello scorso autunno, pure la generosa Efibanca viene rilevata dalla solita Popolare di
Lodi. Una storia a lieto fine. In attesa che un errore dei computer trasformi anche loro, i
grigi ragionieri dell'ufficio fidi, in abili coiffeur.